La Storia di Daniela Quaranta
Daniela, trovati un lavoro serio!
Questa è la frase che i miei genitori mi urlarono in faccia quando, poco più che adolescente, dissi loro che volevo diventare estetista ed aprire un negozio tutto mio.
“È una scuola per ragazzine senza voglia di studiare, che vogliono solo apparire!” Ero sì una ragazzina, ma con tanta voglia di studiare e tanti sogni e ambizioni. Non volevo diventare estetista per apparire, bensì per aiutare le persone ad ottenere la miglior versione di loro stesse. Proprio come gli splendidi visi delle modelle che ammiravo sulle riviste di moda.
Non sognavo di avere il loro viso stupendo… (Oddio, ti confesso che non mi avrebbe fatto schifo). Tuttavia, sognavo di aiutare le persone ad ottenere quella splendida pelle, una pelle giovane, fresca, curata come quella delle donne che appaiono sulle riviste.
Sono cresciuta in una famiglia umile, in cui la cultura del lavoro e l’onestà erano al centro di ogni gesto quotidiano. Mia madre era molto rigorosa e autoritaria e mi ha trasmesso valori quali il sacrificio, l’onestà, la determinazione, il rispetto per tutti e il “non avere mai paura di nessuno!” – ossia non farti mettere i piedi in testa da chi si comporta con arroganza o maleducazione.
Mio padre era un po’ più “morbido”: da lui ho appreso il valore della diplomazia e dell’empatia (ovvero sapersi mettere nei panni degli altri). Quando mi impedirono di diventare estetista, per me fu un duro colpo da accettare. Spesso mi rifugiavo nella mia cameretta a piangere per sfogarmi. Ma alla fine ho dovuto piegarmi al loro volere.

L’ammirazione per Marisa Bellisario
Il destino mi portò su tutt’altra strada.
Mi diplomai perito tessile e, prima ancora del diploma, ero già stata assunta da un’azienda di Treviso di fama nazionale.
Poco più che ventenne, vivevo da sola e mi ero trasformata da ragazzina a donna indipendente e sicura di me stessa in brevissimo tempo.Grazie al mio carattere determinato e che non si fa abbattere dai problemi, ero amata e rispettata dai colleghi.
La mia passione per la bellezza e l’estetica, però, non si era assopita: la incanalavo disegnando con successo collezioni di camiceria di lusso.
Ero attorniata da colleghi molto più grandi, in gamba e navigati di me, che rappresentavano, per me, uno stimolo a leggere e a migliorarmi sempre di più.
Nutrivo grande ammirazione per Marisa Bellisario e i suoi valori. Spesso leggevo articoli che parlavano di lei, oltre ad aver visto qualche sua rara intervista in tv. Era la donna manager che era riuscita a sanare aziende multinazionali destinate al fallimento.
Una Donna dallo sguardo angelico ma dal pugno di ferro, interprete di un destino vincente.
Una manager “dura ma corretta”, che aveva rivoluzionato l’immagine in grigio degli amministratori delegati, con il suo mix esplosivo di fermezza e sensibilità, civetteria e piglio manageriale.
Ecco, io volevo diventare un tipo di donna come lei.

Marisa Bellisario
DA IMPRENDITRICE A “QUASI MANAGER”
Sulle ali di questo entusiasmo, feci una pazzia: mi licenziai dall’azienda di Treviso per la quale lavoravo per aprire un negozio di intimo di lusso tutto mio. Un negozio in cui non vendevo, in realtà, abbigliamento intimo, ma vendevo sogni, autostima, bellezza e sicurezza in se stessi.
Mi piaceva l’idea che le clienti potessero prendermi come riferimento per i loro cambiamenti.
Purtroppo, non essendo stata brava a fare i conti, dopo pochi anni fui costretta a chiudere per limitare i debiti.
Quando si hanno problemi economici sembra ti cada il mondo addosso e anche se cerchi disperatamente una soluzione, tutto diventa complicato se i soldi scarseggiano.
I debiti sono riuscita a chiuderli negli anni successivi con enormi sacrifici, rinunce e tanto, tanto lavoro (ma questa è un’altra storia). Grazie al mio carattere intraprendente e alla mia grande fame di imparare, mi sono rituffata per 20 anni nel settore tessile, con ruoli sempre più importanti, fino ad arrivare a diventare “quasi” manager.
Sì, “quasi”…
Perché, proprio come la Fiat negò l’incarico di amministratore delegato a Marisa Bellisario “perché era una donna”, allo stesso modo anche a me avevano negato il ruolo di manager.
O meglio, lavoravo a quei livelli di responsabilità, ma con uno stipendio di livello più basso (devi sapere che anche nel settore tessile il manager è meglio se è uomo).
Ho passato 20 anni della mia vita facendo bene il mio lavoro, fatto di studio, sacrifici, frequenti viaggi all’estero (che meraviglia conoscere gente e culture diverse dalla mia e quanta apertura mentale mi hanno dato!)… e di continui scontri con i colleghi uomini!
I motivi erano sempre gli stessi.
Da una parte io, con la mia grande voglia di migliorare le procedure aziendali, le collezioni di lusso e le mie assidue domande:
“Come possiamo migliorare questa cosa qui? Come possiamo renderla più veloce/efficace? Come possiamo rendere migliore l’esperienza dei clienti?”.
E, dall’altra, loro, gli abbottonati colleghi e manager maschi con le loro risposte apatiche, grigie e conservatrici (sai com’è…per loro era più importante tenere le chiappe appiccicate alla poltrona in pelle umana). E la loro fottuta fobia che io potessi “fargli le scarpe”, cosa che a me non passava nemmeno per l’anticamera del cervello.
“Calmati Daniela, dai…questa cosa qui non si può fare/cambiare come dici tu…perché ti intestardisci? In fondo, abbiamo sempre fatto così ed è sempre andata bene!”.
Questo tipo di frasi patetiche mi mandano fuori di testa.Puzzano di mentalità mediocre…
A me la mediocrità non piace, perché è figlia del “non ho voglia di sbattermi più di tanto”.

L’INSEGUIMENTO DI UN SOGNO
A furia di lottare contro i mulini a vento, avvertivo in me un costante e latente senso di insoddisfazione. Finché, nel 2008, approfittando della scusa che “c’è la crisi”, il mio ultimo titolare ha assecondato i “colleghi maschi a cui davo fastidio”, dandomi il benservito (licenziata) senza nemmeno dirmelo in faccia…perché sapeva che gli avrei risposto per le rime, dato che la mia condotta era sempre stata ineccepibile.
“Daniela, domani non venire al lavoro perché il tuo ufficio è stato smantellato…sai, ordini dall’alto” mi disse la sua segretaria al telefono…
Avevo 42 anni, ed ero di nuovo nella merda!
E così, da promettente manager in stile “Marisa Bellisario”, mi sono rimboccata le maniche pulendo le case delle mie amiche e dribblando i tavoli nei ristoranti. Ricordo ancora l’imbarazzo e la vergogna di 4 miei ex colleghi che, seduti al tavolo di uno dei ristoranti in cui lavoravo, non sapevano più da che parte girarsi pur di non di salutarmi, mentre io reggevo 3 piatti in una mano e 2 bottiglie di vino rosso nell’altra, con la camicia sudata.
Un giorno, tornata a casa stremata alle 2 di notte, dopo 13 ore di lavoro, mi misi a piangere guardandomi allo specchio. Fu allora che compresi che il mio vero sogno era quello di poter diventare estetista e aprire il mio centro estetico.
Di certo non un centro estetico come quelli che frequentavo da cliente: sempre affollati, dove regnava il pettegolezzo, la fretta, la superficialità, e i risultati sul viso lasciavano a desiderare.
No! Io volevo diventare la Marisa Bellisario dell’estetica!
Di giorno facevo le pulizie nelle case… Di sera frequentavo la scuola serale per estetista. Nel weekend facevo la cameriera.Di notte studiavo e spesso mi ritrovavo ad addormentarmi, sfinita, sui libri.
Quando mi veniva la tentazione di mollare tutto e mi sentivo sopraffatta dalla stanchezza e dalla paura del futuro mi chiedevo: “cosa farebbe Marisa Bellisario se fosse qui al mio posto?”. E proprio in quei momenti che un brivido mi attraversava la schiena e mi rendevo conto che, a volte, nella vita bisogna toccare il fondo per vedere il cielo da un’altra prospettiva.
E tornavo ad alzare la testa.
Dopo 3 anni di scuola, rinunce e sacrifici, toccai finalmente con le mie mani il diploma di estetista: ero commossa! Ho lavorato come stagista prima e come dipendente poi, per “imparare l’arte e metterla da parte”.
È proprio in quel periodo che ho cominciato a partorire il mio Metodo macchieSTOP”.
LA NASCITA DI MacchieSTOP

Molte clienti dei centri estetici per cui lavoravo avevano le macchie sul viso, ma ottenevano scarsi risultati con i trattamenti.
Dì lì a poco mi resi conto (dopo aver studiato su molti libri scientifici) che il motivo era perché in quei centri estetici si limitavano ad applicare i protocolli standard delle case cosmetiche (tutti i centri estetici del circondario facevano gli stessi trattamenti, pazzesco!) ed utilizzavano prodotti troppo deboli.
Quando proponevo alle titolari di studiare un metodo specifico per ridurre le macchie sulla pelle delle loro clienti, mi ridevano in faccia dicendomi:
“Daniela, ma sei fuori? Abbiamo sempre lavorato così…le macchie le possono togliere solo i dermatologi…e poi…figurati se mi devo mettere ancora a studiare dopo il diploma alla mia età!”.
Ho così scoperto che la mentalità mediocre da scansafatiche non ce l’avevano solo alcuni manager, ma anche le estetiste!”.
Le lasciavo ridere e sguazzare nella loro mediocrità. E nel frattempo lavoravo, studiavo, studiavo e studiavo.
E più studiavo, più la voglia di aiutare le persone a liberarsi dalle macchie sulla pelle, senza dipendere dai farmaci, dai dermatologi e dai medici estetici, aumentava.
Finché nel 2014 ho aperto il mio centro estetico. A 48 anni suonati!
È così che, dopo tanti anni di studio e notti insonni, ho elaborato il Metodo MacchieSTOP, il trattamento estetico non chirurgico per la cura delle macchie della pelle (macchie, acne, couperose, pelle sensibile ecc.).
Oggi questo metodo è l’idea unica che caratterizza il mio centro estetico. Anno dopo anno, grazie a numerose clienti che si sono rese disponibili ad aiutarmi nei test iniziali, il Metodo MacchieSTOP migliora ulteriormente, senza mai arrestarsi.
Sì, perché io non mi considero mai arrivata.
Ricordi che non amo la mentalità mediocre, vero? Proprio per questo motivo, non appena potrò permettermelo, anziché comprarmi l’auto nuova o la casa, aprirò un secondo centro estetico in una zona più vicina al capoluogo bergamasco.
Il mio sogno è quello di creare un franchising con il mio metodo MacchieSTOP, la mia specializzazione. A volte mi fermo a pensare come è paradossale che tutto ciò sia scaturito da un iniziale divieto dei miei genitori. Tuttavia, se sono riuscita ad arrivare fin qui passando in mezzo a mille bufere, scavalcare ostacoli, errori e persone ostili, lo devo soprattutto a 3 grandi persone e ai valori che mi hanno trasmesso lungo il corso della mia vita:
A Mia Madre.
A Mio Padre.
E a Marisa Bellisario (anche se non l’ho mai conosciuta di persona).
Il mio unico rammarico è che non potrò mai dirglielo di persona. Perché nel corso degli anni una terribile malattia se li è portati via uno dopo l’altro…
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